CONVEGNO DI CAPRI 4-7/10/2009 - SEMINARIO DI DIRITTO FALLIMENTARE su "La centralità del concordato preventivo tra l'ingerenza del Commissario, le soluzioni negoziate, le classi e le nuove responsabilità del Commissario"
1) Stando al letterale tenore della vigente normativa sul concordato preventivo, la suddivisione dei creditori in classi “secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei”, dovrebbe ritenersi facoltativa.
Ed infatti l’art. 160 L.F. stabilisce che “l’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere OMISSIS c) la suddivisione dei creditori in classi”.
La facoltatività della suddivisione in classi è confermata anche dall’art. 177 L.F. che disciplina le maggioranze per l’approvazione del concordato e stabilisce che “ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato “se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi” (v. sul punto Trib. Roma Sez. Fall. 7/11/08 n. 22063 in Il Fallimento 5/09 pagg. 575 e segg.).
Nel caso non siano state previste le classi, il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto (art. 177 L.F.).
Dunque la “facoltatività” prevista dalla legge non sembra possa essere messa in discussione. Ma autorevoli commentatori sostengono la “obbligatorietà” delle classi fondata sul presupposto che solo i creditori che abbiano posizione giuridica e interessi economici omogenei possano esprimere validamente il voto nell’adunanza prevista dall’art. 174 L.F., e così costituire le “maggioranze” per l’approvazione del concordato ai sensi del successivo art. 177 L.F., spettando al Tribunale il controllo sulla omogeneità.
In proposito vedasi l’ordinanza del Tribunale di Milano del 4/12/08 con note di Giuseppe Bozza e Massimo Fabiani (in Il Fallimento n. 4/09 pagg. 424 e segg.).
La stessa Corte di Cassazione ha giudicato che: “Nell’ambito della formazione del piano per l’ammissione al concordato preventivo prevista dall’art. 160 L.F., il debitore può procedere ad una suddivisione in classi dei creditori purchè detta suddivisione avvenga secondo posizioni giuridiche e interessi economici omogenei. Pertanto, deve escludersi che i soci finanziatori possano essere inseriti nel piano di cui facciano parte anche altri creditori chirografari; non solo per la loro diversa posizione nei confronti della società rispetto ai terzi, ma soprattutto per la previsione di cui all’art. 2467 comma 1 c.c., che ha introdotto il principio della postergazione delle loro ragioni creditorie rispetto a quelle degli altri creditori, con l’obbligo, oltre tutto, di restituzione se il pagamento in loro favore sia avvenuto nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento” (Cass.Civ.Sez. I 4/2/09 n. 2706).
Alcuni Giudici hanno addirittura deciso di prefigurare “d’ufficio” una autonoma classe dei “postergati” in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo, ritenendo che la posizione di un creditore che abbia dichiarato di voler postergare il proprio credito debba essere inserita in apposita classe (v. Tribunale Ancona decreto 8/6/09-12/6/09), probabilmente nella legittima preoccupazione che il voto del creditore postergato potesse da solo determinare la maggioranza di cui all’art. 177 L.F.
2) Alla opinione espressa dalla citata dottrina (v. in particolare Massimo Fabiani pagg. 439 e segg. in Il Fallimento n. 4/09) secondo cui “l’unico modo di rendere accettabile l’opzione negoziale del concordato, sia quella di configurare un obbligo del proponente di formare le classi tutte le volte in cui vi siano posizioni non omogenee fra i creditori” (e cioè sempre o quasi sempre!), si potrebbe opporre quella che privilegia la assoluta libertà “negoziale” dell’imprenditore nella scelta di presentare un piano senza classi, anche in presenza di interessi non omogenei, in base a quanto disposto dall’art. 160 L.F.
La scelta del debitore non è sindacabile dal Tribunale che può solo verificare la completezza e la regolarità della documentazione e - “ove siano previste diverse classi di creditori” - provvedere “analogamente” “previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi” (art. 163 L.F.), nell’esercizio del controllo preventivo di legalità del piano concordatario, riservato al Giudice.
In altri termini spetterebbe al Tribunale solo il potere-dovere di sindacare la “correttezza” dei criteri di formazione delle classi - se proposte nel piano - ma non di intervenire nella scelta di fondo di suddividere o meno i creditori in classi, che rientra nella piena autonomia negoziale dell’imprenditore, secondo la lettera e lo spirito della Riforma.
E’ opinabile la tesi, da taluni avanzata, che la proposta di concordato senza classi sia da considerare come formulata con previsione di una “classe unica”, in contrasto con la norma che consente al debitore di presentare il piano senza previsione di classi, con l’unico limite del divieto di “condotte abusive” (v. P. Catallozzi, in Il Fallimento 5/09 pag. 589).
Una volta approvato il concordato con la prescritta maggioranza dei crediti ammessi al voto, anche senza suddivisione dei creditori in classi, non sarebbe legittimo, a nostro avviso, l’intervento del Giudice; è sempre consentito invece al creditore dissenziente di proporre opposizione a sensi dell’art. 180 L.F., “facendo valere il vizio di eccesso (o di abuso) di potere del voto della maggioranza” (v. D. Galletti - doc. 52/07 Il Caso.it).
La delicata questione della alternativa tra facoltatività e obbligatorietà della suddivisione in classi, è stata correttamente prospettata dal Tribunale di Biella nella ordinanza del 23-27/4/09 con la quale è stata dichiarata “rilevante e non manifestamente infondata - per violazione dell’art. 3 Costituzione - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 163, comma primo, in relazione all’art. 162, comma secondo e all’art. 160, comma primo, lett. c (come modificati dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella L. 14 maggio 2005, n. 80, dal D.L.vo 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.L.vo 12 settembre 2007, n. 169) del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui non prevede che il Tribunale dichiara aperta la procedura di concordato preventivo previa valutazione anche della correttezza della mancata suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei”.
L’intento “provocatorio” dei Giudici Biellesi è palese e dichiarato: l’ordinanza di remissione auspica in definitiva un intervento “manipolativo/additivo da parte della Corte Costituzionale, che “estenda” il potere di sindacato del Tribunale - espressamente previsto dalla norma in questione solo con riguardo al quomodo dell’avvenuta formazione di classi - all’ipotesi di omessa, nella proposta di concordato preventivo, suddivisione del ceto creditorio in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei”.
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